Un motivo certo non c’è ma sono diventate una misura standard mondiale. Oggi solo alcune regioni sono autorizzate ad utilizzare un formato di bottiglia diverso da quello standard e per farlo ci vuole un permesso speciale dell’Ue. Come spiega Julien Miquel per il sito di Vivino, fino al XIX secolo il vino veniva trasportato in anfore di coccio o botti di legno e solo da quel periodo iniziarono a imbottigliarlo in contenitori di vetro. Allora le bottiglie avevano all’incirca il medesimo contenuto: gli inglesi 0,90 litri, gli europei tra 0,70 e 0,80 litri, gli americani 0,75. La scelta di un contenitore da poco meno di un litro ha due teorie: la capacità di un vetraio di soffiare e plasmare in un colpo solo quella dimensione di bottiglia oppure la quantità ottimale di vino per un pasto di un uomo. Per non sprecare o per rovinare il vino lasciandolo aperto esistono in commercio bottiglie più piccole. Per esempio da 375 ml, metà di una bottiglia standard da 0,75 litri, è chiamata “Mignon” o “Fillette” e contiene circa 2 bicchieri di vino. Invece, per motivi di miglior invecchiamento, e di prestigio, ci sono anche bottiglie più grandi. La più famosa è la “Magnum” che contiene 1,5 litri, il doppio di una standard. Quelle molto grandi hanno nomi biblici e capacità enormi. Ad esempio, la “Melchior” (dal nome di un re magio) contiene 18 litri, cioè 24 bottiglie standard, oppure la “Melchizédek”: 30 litri equivalenti a 40 bottiglie da 0,75 litri. Sono usate per l’imbottigliamento di vini pregiati, in quantità limitata e, soprattutto, a prezzi esorbitanti.
(fonte La Stampa)
sabato 7 gennaio 2017
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